Inchiesta Covid: Versioni opposte ai pm di Bergamo. L’ex premier, tra gli indagati nell’inchiesta sulla gestione del Covid in provincia di Bergamo, ha detto di non aver mai ricevuto la richiesta di misure straordinarie.
Giuseppe Conte, indagato nell’inchiesta
Giuseppe Conte, indagato nell’inchiesta sulla gestione del Covid in provincia di Bergamo, sentito dai pm nel giugno 2020 come persona informata dei fatti disse. “Con Regione Lombardia non ho avuto interlocuzioni dirette in materia di ‘zona rossa’ per Nembro e Alzano.
Le mie interlocuzioni sono state solo con il presidente Fontana ed escludo che mi sia stata chiesta l’istituzione di una zona rossa per Nembro e Alzano”. Opposta la versione di Attilio Fontana, sentito dai pm il 29 maggio 2020: “Credevamo nella realizzazione della zona rossa”.
Il verbale è agli atti dell’inchiesta. Conte spiegò anche che da Fontana non arrivarono mai “richieste formali o informali” sulla zona rossa. Parlò della mail che il governatore gli inviò il 28 febbraio 2020 chiedendo il “mantenimento” delle “misure” già adottate”.
La versione di Fontana
“Noi credevamo nella realizzazione della zona rossa. Che poi sarebbe stata utile non so dire, però a Codogno aveva funzionato. La nostra proposta è stata quella di istituire la zona rossa”. Sono queste le parole, ben diverse, del governatore lombardo sulla mancata zona rossa in Val Seriana.
Fontana, ora tra i 19 indagati nell’inchiesta, nella testimonianza aveva detto che c’era “stata una direttiva dell’8 marzo 2020 del ministro Lamorgese indirizzata ai Prefetti. Quella che prevedeva che l’istituzione della zona rossa era competenza esclusiva del governo”.